Nel 1883 Matilde Serao pubblica un libro-inchiesta, IL VENTRE DI NAPOLI, in cui analizza e mette in evidenza la difficile situazione sociale della città che, se da un lato sfoggia una ricca nobiltà atta a simulare la sfarzosa vita dei borboni, dall'altra tenta di nascondere una più ampia realtà fatta di estrema miseria, il cui principale scopo quotidiano è la sopravvivenza. Essa è la realtà dei fondaci (caseggiati sovrappopolati con servizi igienici comuni), dove il degrado e la morte sono di casa. Nel libro quasi protagonista assoluto diventa il tarallo sugna e pepe che la scrittrice definisce alimento salvavita. Infatti in quel periodo i fornai, consapevoli dell'importanza di non buttare nulla, hanno l'idea di riutilizzare gli avanzi della pasta del pane, arricchendola con pepe e sugna e trasformandola in biscotto a forma di ciambella. Con il tarallo nasce la figura del tarallaro che munito di cesto e coperta (per tenere in caldo i taralli), attraversa le
pancrostata nisciun è nato mparato